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CANTO DUODECIMO. | 61 |
LXXXIX.
Tace: e in colui dell’un morir la tema
Potè dell’altro intepidir la voglia.
Nel cor dà loco a que’ conforti, e scema
708L’impeto interno dell’intensa doglia;
Ma non così, che ad or ad or non gema,
E che la lingua a lamentar non scioglia,
Ora seco parlando, or con la sciolta
712Anima, che dal Ciel forse l’ascolta.
XC.
Lei nel partir, lei nel tornar del Sole
Chiama con voce stanca, e prega, e plora;
Come usignuol cui ’l villan duro invole
716Dal nido i figlj non pennuti ancora;
Che in miserabil canto, afflitte e sole
Piange le notti, e n’empie i boschi, e l’ora.
Alfin col novo dì rinchiude alquanto
720I lumi: e ’l sonno in lor serpe fra ’l pianto.
XCI.
Ed ecco, in sogno, di stellata veste
Cinta gli appar la sospirata amica
Bella assai più; ma lo splendor celeste
724L’orna, e non toglie la notizia antica.
E, con dolce atto di pietà, le meste
Luci par che gli asciughi, e così dica:
Mira come son bella e come lieta,
728Fedel mio caro, e in me tuo duolo acqueta.