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44 | LA GERUSALEMME |
XXXVIII.
Nè de i preghi materni; onde nudrita
Pagana fosti, e ’l vero a te celai.
Crescesti, e, in arme valorosa e ardita,
300Vincesti il sesso e la natura assai:
Fama e terre acquistasti: e qual tua vita
Sia stata poscia, tu medesma il sai:
E sai non men che servo insieme e padre
304Io t’ho seguita fra guerriere squadre.
XXXIX.
Jer poi su l’alba alla mia mente, oppressa
D’alta quiete e simile alla morte,
Nel sonno s’offerì l’imago stessa;
308Ma in più turbata vista, e in suon più forte,
Ecco (dicea) fellon, l’ora s’appressa
Che dee cangiar Clorinda e vita e sorte:
Mia sarà mal tuo grado, e tuo fia il duolo.
312Ciò disse, e poi n’andò per l’aria a volo.
XL.
Or odi dunque tu, che ’l Ciel minaccia
A te, diletta mia, strani accidenti.
Io non so: forse a lui vien che dispiaccia
316Ch’altri impugni la fe de’ suoi parenti:
Forse è la vera fede. Ah giù ti piaccia
Depor quest’arme e questi spirti ardenti.
Quì tace e piagne: ed ella pensa e teme;
320Chè un altro simil sogno il cor le preme.