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CANTO DUODECIMO. 39

XXIII.


     D’una pietosa istoria, e di devote
Figure la sua stanza era dipinta.
Vergine bianca il bel volto, e le gote
180Vermiglia, è quivi presso un drago avvinta.
Con l’asta il mostro un cavalier percuote:
Giace la fera nel suo sangue estinta.
Quivi sovente ella s’atterra, e spiega
184Le sue tacite colpe, e piange e prega.

XXIV.


     Ingravida frattanto, ed espon fuori
(e tu fosti colei) candida figlia.
Si turba; e degl’insoliti colori,
188Quasi d’un novo mostro, ha maraviglia.
Ma perchè il Re conosce e i suoi furori,
Celargli il parto alfin si riconsiglia:
Ch’egli avria dal candor, che in te si vede,
192Argomentato in lei non bianca fede.

XXV.


     Ed in tua vece una fanciulla nera
Pensa mostrargli, poco innanzi nata.
E perchè fu la torre, ove chius’era,
196Dalle donne e da me solo abitata;
A me, che le fui servo e con sincera
Mente l’amai, ti diè non battezzata.
Nè già poteva allor battesmo darti:
200Chè l’uso nol sostien di quelle parti.