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CANTO DUODECIMO. 37

XVII.


     Soggiunse allora Ismeno: attender piaccia
A voi, ch’uscir dovete, ora più tarda;
Sinchè, di varie tempre, un misto i’ faccia
132Ch’alla machina ostil s’appigli e l’arda.
Forse allora avverrà che parte giaccia
Di quello stuol che la circonda e guarda.
Ciò fu concluso; e in sua magion ciascuno
136Aspetta il tempo al gran fatto opportuno.

XVIII.


     Depon Clorinda le sue spoglie inteste
D’argento, e l’elmo adorno, e l’armi altere:
E, senza piuma o fregio, altre ne veste
140(Infausto annunzio) rugginose e nere:
Perocchè stima agevolmente in queste
Occulta andar fra le nemiche schiere.
È quivi Arsete eunuco il qual, fanciulla,
144La nudrì dalle fasce e dalla culla.

XIX.


     E per l’orme di lei l’antico fianco
D’ogn’intorno traendo, or la seguia.
Vede costui l’arme cangiate, ed anco
148Del gran rischio s’accorge ove ella gía:
E se n’affligge: e per lo crin, che bianco
In lei servendo ha fatto, e per la pia
Memoria de’ suo’ uficj istando, prega
152Che dall’impresa cessi: ed ella il nega.