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32 | LA GERUSALEMME |
II.
Curate alfin le piaghe, e già finita
Dell’opere notturne era qualch’una:
E rallentando l’altre, al sonno invita
12L’ombra omai fatta più tacita e bruna.
Pur non accheta la Guerriera ardita
L’alma d’onor famelica e digiuna,
E sollecita l’opre, ove altri cessa.
16Va seco Argante; e dice ella a se stessa:
III.
Ben oggi il Re de’ Turchi, e ’l buon Argante
Fer maraviglie inusitate e strane:
Chè soli uscir fra tante schiere e tante,
20E vi spezzar le machine Cristiane.
Io (questo è il sommo pregio onde mi vante)
D’alto, rinchiusa, oprai l’armi lontane,
Sagittaria (nol nego) assai felice.
24Dunque sol tanto a donna, e più non lice?
IV.
Quanto me’ fora in monte, od in foresta
Alle fere avventar dardi e quadrella;
Ch’ove il maschio valor si manifesta
28Mostrarmi quì tra’ cavalier donzella.
Chè non riprendo la femminea vesta,
S’io ne son degna, e non mi chiudo in cella?
Così parla tra se; pensa, e risolve
32Alfin gran cose, ed al guerrier si volve.