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CANTO UNDECIMO. 27

LXXVII.


     Conosce il popol suo l’altera voce,
E ’l grido eccitator della battaglia:
E riprendendo l’impeto veloce
612Di novo ancora alla tenzon si scaglia.
Ma già la coppia dei Pagan feroce
Nel rotto accolta s’è della muraglia,
Difendendo ostinata il varco fesso
616Dal buon Tancredi e da chi vien con esso.

LXXVIII.


     Quì disdegnoso giunge e minacciante,
Chiuso nell’arme, il Capitan di Francia:
E in su la prima giunta al fero Argante
620L’asta ferrata fulminando lancia.
Nessuna mural machina si vante
D’avventar con più forza alcuna lancia.
Tuona per l’aria la nodosa trave:
624V’oppon lo scudo Argante, e nulla pave.

LXXIX.


     S’apre lo scudo al frassino pungente:
Nè la dura corazza anco il sostiene;
Chè rompe tutte l’arme, e finalmente
628Il sangue Saracino a sugger viene.
Ma si svelle il Circasso, e ’l duol non sente,
Dall’arme il ferro affisso e dalle vene,
E in Goffredo il ritorse: a te, dicendo,
632Rimando il tronco, e l’armi tue ti rendo.