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26 LA GERUSALEMME

LXXIV.


     E del fonte di Lidia i sacri umori,
E l’odorata panacea vi mesce.
Ne sparge il vecchio la ferita, e fuori
588Volontario per se lo stral se n’esce,
E si ristagna il sangue: e già i dolori
Fuggono dalla gamba, e ’l vigor cresce.
Grida Erotimo allor: l’arte maestra
592Te non risana, o la mortal mia destra;

LXXV.


     Maggior virtù ti salva: un Angel, credo,
Medico per te fatto, è sceso in terra;
Chè di celeste mano i segni vedo:
596Prendi l’arme (che tardi?) e riedi in guerra.
Avido di battaglia il pio Goffredo
Già nell’ostro le gambe avvolge e serra:
E l’asta crolla smisurata, e imbraccia
600Il già deposto scudo, e l’elmo allaccia.

LXXVI.


     Uscì dal chiuso vallo e si converse,
Con mille dietro, alla Città percossa.
Sopra di polve il Ciel gli si coperse:
604Tremò sotto la terra al moto scossa:
E lontano appressar le genti avverse
D’alto il miraro, e corse lor per l’ossa
Un tremor freddo, e strinse il sangue in gelo.
608Ed egli alzò tre fiate il grido al Cielo.