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CANTO VIGESIMO. 315

LXXVII.


     Quel che prima ritrova il Turco atroce,
Caggiono ai colpi orribili improvvisi:
E in condur loro a morte è sì veloce,
612Ch’uom non gli vede uccidere, ma uccisi.
Dai primieri ai sezzaj, di voce in voce,
Passa il terror, vanno i dolenti avvisi;
Tal che ’l volgo fedel della Soria,
616Tumultuando, già quasi fuggia.

LXXVIII.


     Ma con men di terrore e di scompiglio
L’ordine e ’l loco suo fu ritenuto
Dal Guascon; benchè, prossimo al periglio,
620All’improvviso ei sia colto e battuto.
Nessun dente giammai, nessun artiglio
O di silvestre, o d’animal pennuto
Insanguinossi in mandra, o tra gli augelli,
624Come la spada del Soldan tra quelli.

LXXIX.


     Sembra quasi famelica e vorace:
Pasce le membra quasi, e ’l sangue sugge.
Seco Aladin, seco lo stuol seguace
628Gli assediatori suoi percuote e strugge.
Ma il buon Raimondo accorre ove disface
Soliman le sue squadre, e già nol fugge,
Sebben la fera destra ei riconosce
632Onde percosso ebbe mortali angosce.