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CANTO VIGESIMO. 313

LXXI.


     Chè da quel lato de’ Pagani il Campo
Irreparabilmente è sparso e sciolto.
Ma dall’opposto, abbandonando il campo
564Agl’infedeli, i nostri il tergo han volto.
Ebbe l’un de’ Roberti appena scampo,
Ferito dal nemico il petto e ’l volto:
L’altro è prigion d’Adrasto. In cotal guisa
568La sconfitta egualmente era divisa.

LXXII.


     Prende Goffredo allor tempo opportuno:
Riordina sue squadre, e fa ritorno
Senza indugio alla pugna; e così l’uno
572Viene ad urtar nell’altro intero corno.
Tinto sen vien di sangue ostil ciascuno:
Ciascun di spoglie trionfali adorno.
La vittoria e l’onor vien da ogni parte:
576Sta dubbia in mezzo la Fortuna, e Marte.

LXXIII.


     Or mentre in guisa tal fera tenzone
È tra ’l Fedele esercito e ’l Pagano;
Salse in cima alla torre ad un balcone,
580E mirò (benchè lunge) il fier Soldano,
Mirò (quasi in teatro, od in agone)
L’aspra tragedia dello stato umano:
I varj assalti, e ’l fero orror di morte,
584E i gran giochi del caso e della sorte.