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CANTO VIGESIMO. | 303 |
XLI.
Non è chi con quel fero omai s’affronte:
Nè chi pur lunge d’assalirlo accenne.
Sol rivolse Gildippe in lui la fronte,
324Nè da quel dubbio paragon s’astenne.
Nulla Amazone mai sul Termodonte
Imbracciò scudo, o maneggiò bipenne
Audace sì, com’ella audace inverso
328Al furor va del formidabil Perso.
XLII.
Ferillo, ove splendea d’oro e di smalto
Barbarico diadema in sull’elmetto:
E ’l ruppe, e sparse; onde il superbo ed alto
332Suo capo a forza egli è chinar costretto.
Ben di robusta man parve l’assalto
Al Re Pagano, e n’ebbe onta e dispetto:
Nè tardò in vendicar le ingiurie sue:
336Chè l’onta e la vendetta a un tempo fue.
XLIII.
Quasi in quel punto in fronte egli percosse
La donna di ferita in modo fella;
Che d’ogni senso e di vigor la scosse:
340Cadea; ma ’l suo fedel la tenne in sella.
Fortuna loro, o sua virtù pur fosse;
Tanto bastogli, e non ferì più in ella;
Quasi leon magnanimo, che lassi
344Sdegnando uom che si giaccia, e guardi e passi.