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CANTO UNDECIMO. | 19 |
LIII.
Onde rivolto dice al buon Sigiero
Che gli portava un altro scudo e l’arco:
Ora mi porgi, o fedel mio scudiero,
420Cotesto meno assai gravoso incarco;
Chè tenterò di trapassar primiero
Su’ dirupati sassi il dubbio varco.
E tempo è ben che qualche nobil’ opra
424Della nostra virtute omai si scopra.
LIV.
Così, mutato scudo, appena disse,
Quando a lui venne una saetta a volo,
E nella gamba il colse, e la trafisse
428Nel più nervoso ove è più acuto il duolo.
Che di tua man, Clorinda, il colpo uscisse,
La fama il canta: e tuo l’onor n’è solo.
Se questo dì servaggio o morte schiva
432La tua gente Pagana, a te s’ascriva.
LV.
Ma il fortissimo Eroe, quasi non senta
Il mortifero duol della ferita,
Dal cominciato corso il piè non lenta,
436E monta su i dirupi, e gli altri invita.
Pur s’avvede egli poi che nol sostenta
La gamba, offesa troppo ed impedita;
E che inaspra agitando ivi l’ambascia;
440Onde, sforzato, alfin l’assalto lascia.