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276 | LA GERUSALEMME |
XCVIII.
Sicchè a trovarne il mio signor io mossi,
Ch’egra mi fece, e mi potea far sana.
Ma tra via fero intoppo attraversossi
780Di gente inclementissima e villana.
Poco mancò che preda lor non fossi;
Pur in parte fuggimmi erma e lontana:
E colà vissi, in solitaria cella,
784Cittadina di boschi e pastorella.
XCIX.
Ma poichè quel desio, che fu ripresso
Alcun dì per la tema, in me risorse;
Tornarmi ritentando al loco stesso,
788La medesma sciagura anco m’occorse.
Fuggir non potei già; ch’era omai presso
Predatrice masnada, e troppo corse.
Così fui presa: e quei che mi rapiro
792Egizj fur, ch’a Gaza indi sen giro.
C.
E in don menarmi al Capitano, a cui
Diedi di me contezza, e ’l persuasi,
Sicch’onorata, e inviolata fui
796Que’ dì che con Armida ivi rimasi.
Così venni più volte in forza altrui,
E men sottrassi: ecco i miei duri casi.
Pur le prime catene anco riserva
800La tante volte liberata, e serva.