Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
CANTO DECIMONONO. | 253 |
XXIX.
Mentre quì segue la solinga guerra,
Che privata cagion fè così ardente,
L’ira de’ vincitor trascorre, ed erra
228Per la Città sul popolo nocente.
Or chi giammai dell’espugnata terra
Potrebbe appien l’immagine dolente
Ritrarre in carte? od adeguar, parlando,
232Lo spettacolo atroce e miserando?
XXX.
Ogni cosa di strage era già pieno:
Vedeansi in mucchj e in monti i corpi avvolti.
Là i feriti su i morti, e quì giacieno
236Sotto morti insepolti egri sepolti.
Fuggian, premendo i pargoletti al seno,
Le meste madri co’ capelli sciolti;
E ’l predator, di spoglie e di rapine
240Carco, stringea le vergini nel crine.
XXXI.
Ma per le vie che al più sublime colle
Saglion verso Occidente, ov’è il gran Tempio,
Tutto del sangue ostíle orrido e molle
244Rinaldo corre, e caccia il popolo empio.
La fera spada il generoso estolle
Sovra gli armati capi, e ne fa scempio.
È schermo frale ogni elmo ed ogni scudo:
248Difesa è quì l’esser dell’arme ignudo.