Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
250 | LA GERUSALEMME |
XX.
Esce a Tancredi in più d’un loco il sangue;
Ma ne versa il Pagan quasi torrenti.
Già nelle sceme forze il furor langue,
156Siccome fiamma in deboli alimenti.
Tancredi che ’l vedea col braccio esangue
Girar i colpi ad or ad or più lenti,
Dal magnanimo cor deposta l’ira,
160Placido gli ragiona, e ’l piè ritira.
XXI.
Cedimi, uom forte; o riconoscer voglia
Me per tuo vincitore, o la Fortuna.
Nè ricerco da te trionfo, o spoglia:
164Nè mi riserbo in te ragione alcuna.
Terribile il Pagan, più che mai soglia,
Tutte le furie sue desta e raguna.
Risponde: or dunque il meglio aver ti vante,
168Ed osi di viltà tentare Argante?
XXII.
Usa la sorte tua; chè nulla io temo:
Nè lascerò la tua follia impunita.
Come face rinforza anzi l’estremo
172Le fiamme, e luminosa esce di vita;
Tal riempiendo ei d’ira il sangue scemo,
Rinvigorì la gagliardía smarrita:
E l’ore della morte omai vicine
176Volle illustrar con generoso fine.