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228 LA GERUSALEMME

LXII.


     Del dì, cui dell’assalto il dì successe,
Gran parte orando il pio Buglion dispensa:
E impon che ogn’altro i falli suoi confesse,
492E pasca il pan dell’alme alla gran mensa.
Machine ed arme poscia ivi più spesse
Dimostra, ove adoprarle egli men pensa.
E ’l deluso Pagan si riconforta,
496Ch’oppor le vede alla munita porta.

LXIII.


     Col bujo della notte è poi la vasta
Agil machina sua colà traslata,
Ove è men curvo il muro, e men contrasta,
500Ch’angulosa non fa parte, e piegata.
E d’in sul colle alla Città sovrasta
Raimondo ancor con la sua torre armata.
La sua Camillo a quel lato avvicina,
504Che dal Borea all’Occaso alquanto inchina.

LXIV.


     Ma come furo in Oriente apparsi
I mattutini messaggier del Sole,
S’avvidero i Pagani (e ben turbarsi)
508Che la torre non è dove esser suole:
E mirar quinci e quindi anco innalzarsi,
Non più veduta, una ed un’altra mole.
E in numero infinito anco son viste
512Catapulte, monton, gatti, e baliste.