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CANTO DECIMOTTAVO. 225

LIII.


     Libera il Prence la colomba: e quella,
Che de’ secreti fu rivelatrice,
Come esser creda al suo Signor rubella,
420Non ardì più tornar nunzia infelice.
Ma il sopran Duce i minor duci appella,
E lor mostra la carta, e così dice:
Vedete come il tutto a noi riveli
424La provvidenza del Signor de’ Cieli.

LIV.


     Già più di ritardar tempo non parmi.
Nuova spianata or cominciar potrassi:
E fatica e sudor non si risparmi,
428Per superar d’inverso l’Austro i sassi.
Duro fia si far colà strada all’armi:
Pur far si può; notato ho il loco e i passi.
E ben quel muro, che assicura il sito,
432D’arme e d’opre men deve esser munito.

LV.


     Tu, Raimondo, vogl’io, che da quel lato
Con le machine tue le mura offenda.
Vuò, che dell’arme mie l’alto apparato
436Contra la porta aquilonar si stenda;
Sì che il nemico il vegga, ed, ingannato,
Indi il maggior impeto nostro attenda.
Poi la gran torre mia, ch’agevol move,
440Trascorra alquanto, e porti guerra altrove.