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CANTO DECIMOTTAVO. | 219 |
XXXV.
Egli alza il ferro, e ’l suo pregar non cura:
Ma colei si trasmuta (o novi mostri!)
Siccome avvien che d’una altra figura
276Trasformando repente il sogno mostri.
Così ingrossò le membra, e tornò scura
La faccia; e vi sparìr gli avorj e gli ostri:
Crebbe in gigante altissimo, e si feo
280Con cento armate braccia un Briareo.
XXXVI.
Cinquanta spade impugna, e con cinquanta
Scudi risuona, e minacciando freme.
Ogn’altra Ninfa ancor d’arme s’ammanta,
284Fatta un Ciclope orrendo: ed ei non teme;
Ma doppia i colpi alla difesa pianta
Che pur, come animata, ai colpi geme.
Sembran dell’aria i campi, i campi Stigj:
288Tanti appajono in lor mostri e prodigj!
XXXVII.
Sopra il turbato Ciel, sotto la terra,
Tuona e fulmina quello, e trema questa:
Vengono i venti e le procelle in guerra,
292E gli soffiano al volto aspra tempesta.
Ma pur mai colpo il Cavalier non erra:
Nè per tanto furor punto s’arresta;
Tronca la noce: e noce e mirto parve.
296Quì l’incanto finì, sparir le larve.