Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
CANTO DECIMOSETTIMO. | 205 |
XCV.
Così parlava il Veglio; e le parole
Lietamente accoglieva il giovinetto,
Che del pensier della futura prole
756Un tacito piacer sentía nel petto.
L’Alba intanto sorgea, nunzia del Sole,
E ’l Ciel cangiava in Oriente aspetto:
E sulle tende già potean vedere
760Da lunge il tremolar delle bandiere.
XCVI.
Ricominciò di novo allora il Saggio:
Vedete il Sol che vi riluce in fronte,
E vi discopre, con l’amico raggio,
764Le tende e ’l piano e la Cittade e ’l monte.
Sicuri d’ogni intoppo e d’ogni oltraggio
Io scorti v’ho fin quì per vie non conte.
Potete senza guida ir per voi stessi
768Omai; nè lece a me che più m’appressi.
XCVII.
Così tolse congedo, e fè ritorno,
Lasciando i cavalieri ivi pedoni.
Ed essi pur contra il nascente giorno
772Seguir la strada, e giro ai padiglioni.
Portò la Fama, e divulgò d’intorno
L’aspettato venir de’ tre baroni:
E innanzi ad essi al pio Goffredo corse,
776Che per raccorgli dal suo seggio sorse.