Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
CANTO DECIMOSETTIMO. | 189 |
XLVII.
E la procurerò: chè non invano
Soglion portarne ogni saetta i venti.
E la destra del Ciel di giusta mano
372Drizza l’arme talor contra i nocenti.
Ma s’alcun fia ch’al barbaro inumano
Tronchi il capo odioso, e me ’l presenti,
A grado avrò questa vendetta ancora;
376Benchè fatta da me più nobil fora.
XLVIII.
A grado sì, che gli sarà concessa
Quella ch’io posso dar maggior mercede.
Me d’un tesor dotata, e di me stessa,
380In moglie avrà, se in guiderdon mi chiede.
Così ne faccio quì stabil promessa:
Così ne giuro inviolabil fede:
Or s’alcuno è che stimi i premj nostri
384Degni del rischio, parli e si dimostri.
XLIX.
Mentre la donna in guisa tal favella,
Adrasto affigge in lei cupidi gli occhj.
Tolga il Ciel, dice poi, che le quadrella
388Nel barbaro omicida unqua tu scocchi:
Chè non è degno un cor villano, o bella
Saettatrice, che tuo colpo il tocchi.
Atto, dell’ira tua, ministro io sono:
392Ed io del capo suo ti farò dono.