Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
CANTO DECIMOSETTIMO. | 185 |
XXXV.
Segue il suo stuolo, ed Aradin con quello
Ch’Idraote assoldò nella Soria.
Come allor che ’l rinato unico augello
276I suo’ Etiópi a visitar s’invia,
Vario e vago la piuma, e ricco e bello
Di monil, di corona aurea natía;
Stupisce il mondo, e va dietro ed ai lati,
280Maravigliando, esercito d’alati:
XXXVI.
Così passa costei, maravigliosa
D’abito, di maniere, e di sembiante.
Non è allor sì inumana o sì ritrosa
284Alma d’Amor, che non divenga amante.
Veduta appena, e in gravità sdegnosa,
Invaghir può genti sì varie e tante!
Che sarà poi quando, in più lieto viso,
288Co’ begli occhj lusinghi e col bel riso?
XXXVII.
Ma poi ch’ella è passata, il Re de’ Regi
Comanda ch’Emireno a se nè vegna:
Chè lui preporre a tutti i duci egregj,
292E duce farlo universal disegna.
Quel, già presago, ai meritati pregj
Con fronte vien che ben del grado è degna:
La guardia de’ Circassi in due si fende
296E gli fa strada al seggio, ed ei v’ascende.