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CANTO DECIMOSETTIMO. 179

XVII.


     Quella che terza è poi, squadra non pare;
Ma un’oste immensa: e campi e lidi tiene.
Non crederai ch’Egitto mieta ed are
132Per tanti: e pur da una Città sua viene:
Città ch’alle provincie emula e pare,
Mille cittadinanze in se contiene:
Del Cairo i’ parlo; indi il gran volgo adduce,
136Volgo all’arme restío, Campsone il duce.

XVIII.


     Vengon sotto Gazel quei che le biade
Segaron nel vicin campo fecondo,
E più suso, infin là dove ricade
140Il fiume al precipizio suo secondo.
La turba Egizia avea sol archi e spade:
Nè sosterria d’elmo o corazza il pondo.
D’abito è ricca: onde altrui vien che porte
144Desio di preda, e non timor di morte.

XIX.


     Poi la plebe di Barca, e nuda e inerme
Quasi, sotto Alarcon passar si vede:
Che la vita famelica nell’erme
148Piagge gran tempo sostentò di prede.
Con istuol manco reo, ma inetto a ferme
Battaglie, di Zumara il Re succede.
Quel di Tripoli poscia: e l’uno e l’altro
152Nel pugnar volteggiando è dotto e scaltro.