Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/186

164 LA GERUSALEMME

L.


     Sarò qual più vorrai scudiere o scudo:
Non fia che in tua difesa io mi risparmi.
Per questo sen, per questo collo ignudo,
396Pria che giungano a te, passeran l’armi.
Barbaro forse non sarà sì crudo,
Che ti voglia ferir per non piagarmi;
Condonando il piacer della vendetta
400A questa, qual si sia, beltà negletta.

LI.


     Misera, ancor presumo? ancor mi vanto
Di schernita beltà che nulla impetra?
Volea più dir; ma l’interruppe il pianto,
404Che qual fonte sorgea d’alpina pietra.
Prendergli cerca allor la destra o ’l manto,
Supplichevole in atto, ed ei s’arretra.
Resiste, e vince: e in lui trova impedita
408Amor l’entrata, il lagrimar l’uscita.

LII.


     Non entra Amor a rinovar nel seno,
Che ragion congelò, la fiamma antica.
V’entra pietate in quella vece almeno,
412Pur compagna d’Amor, benchè pudíca:
E lui commove in guisa tal ch’a freno
Può ritener le lagrime a fatica.
Pur quel tenero affetto entro ristringe,
416E quanto può gli atti compone, e infinge.