Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
162 | LA GERUSALEMME |
XLIV.
Poi cominciò: non aspettar ch’io preghi,
Crudel, te, come amante amante deve:
Tai fummo un tempo: or se tal esser neghi,
348E di ciò la memoria anco t’è greve;
Come nemico almeno ascolta: i preghi
D’un nemico talor l’altro riceve.
Ben quel ch’io chieggio è tal che darlo puoi,
352E integri conservar gli sdegni tuoi.
XLV.
Se m’odj, e in ciò diletto alcun tu senti,
Non ten’vengo a privar: godi pur d’esso.
Giusto a te pare, e siasi; anch’io le genti
356Cristiane odiai (nol nego) odiai te stesso.
Nacqui Pagana: usai varj argomenti,
Chè per me fosse il vostro imperio oppresso:
Te perseguii, te presi, e te lontano
360Dall’arme trassi in loco ignoto e strano.
XLVI.
Aggiungi a questo ancor quel ch’a maggiore
Onta tu rechi, ed a maggior tuo danno:
T’ingannai, t’allettai nel nostro amore;
364Empia lusinga, certo, iniquo inganno,
Lasciarsi corre il virginal suo fiore;
Far delle sue bellezze altrui tiranno:
Quelle ch’a mille antichi in premio sono
368Negate, offrire a novo amante in dono.