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150 LA GERUSALEMME

VIII.


     Qual Meandro fra rive oblique e incerte
Scherza, e con dubbio corso or cala or monta:
Queste acque ai fonti, e quelle al mar converte:
60E mentre ei vien, sè che ritorna, affronta:
Tali, e più inestricabili conserte
Son queste vie: ma il libro in se le impronta:
Il libro, don del Mago; e d’esse in modo
64Parla, che le risolve, e spiega il nodo.

IX.


     Poichè lasciar gli avviluppati calli,
In lieto aspetto il bel giardin s’aperse.
Acque stagnanti, mobili cristalli,
68Fior varj e varie piante, erbe diverse,
Apriche collinette, ombrose valli,
Selve e spelonche in una vista offerse:
E quel che il bello, e il caro accresce all’opre,
72L’arte che tutto fa, nulla si scopre.

X.


     Stimi (sì misto il culto è col negletto)
Sol naturali e gli ornamenti, e i siti.
Di natura arte par, che per diletto
76L’imitatrice sua scherzando imiti.
L’aura, non ch’altro, è della Maga effetto,
L’aura che rende gli alberi fioriti:
Co’ fiori eterni eterno il frutto dura,
80E mentre spunta l’un, l’altro matura.