Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/159


CANTO DECIMOQUINTO. 139

XLVII.


     I duo’ guerrieri, in loco ermo e selvaggio
Chiuso d’ombre, fermarsi a piè del monte:
E come il Ciel rigò col novo raggio
372Il Sol, dell’aurea luce eterno fonte;
Su su, gridaro entrambi, e ’l lor viaggio
Ricominciar con voglie ardite e pronte.
Ma esce, non so donde, e s’attraversa
376Fiera serpendo orribile e diversa.

XLVIII.


     Innalza d’oro squallido squamose
Le creste e ’l capo, e gonfia il collo d’ira:
Arde negli occhj; e le vie tutte ascose
380Tien sotto il ventre; e tosco e fumo spira.
Or rientra in se stessa, or le nodose
Rote distende, e sè dopo sè tira.
Tal s’appresenta alla solita guarda;
384Nè però de’ guerrieri i passi tarda.

XLIX.


     Già Carlo il ferro stringe, e ’l serpe assale:
Ma l’altro grida a lui: che fai? che tente?
Per isforzo di man, con arme tale,
388Vincer avvisi il difensor serpente?
Egli scuote la verga aurea immortale,
Sicchè la belva il sibilar ne sente:
E impaurita al suon, fuggendo ratta,
392Lascia quel varco libero, e s’appiatta.