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138 LA GERUSALEMME

XLIV.


     Mirate, disse poi, quell’alta mole
Che di quel monte in su la cima siede.
Quivi fra cibi, ed ozio, e scherzi, e fole
348Torpe il campion della Cristiana fede.
Voi, con la guida del nascente Sole,
Su per quell’erto moverete il piede:
Nè vi gravi il tardar; perocchè fora,
352Se non la mattutina, infausta ogni ora.

XLV.


     Ben col lume del dì, ch’anco riluce,
Insino al monte andar per voi potrassi.
Essi al congedo della nobil duce
356Poser nel lido desiato i passi:
E ritrovar la via, ch’a lui conduce,
Agevol sì che i piè non ne fur lassi;
E quando v’arrivar, dall’Oceáno
360Era il carro di Febo anco lontano.

XLVI.


     Veggion che per dirupi, e fra ruine
S’ascende alla sua cima alta e superba:
E ch’è fin là di nevi e di pruine
364Sparsa ogni strada: ivi ha poi fiori ed erba.
Presso al canuto mento il verde crine
Frondeggia: e ’l ghiaccio fede ai giglj serba
Ed alle rose tenere; cotanto
368Puote sovra natura arte d’incanto!