Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/138

120 LA GERUSALEMME

LXXIV.


     Un fonte sorge in lei che vaghe e monde
Ha l’acque sì, che i riguardanti asseta;
Ma dentro ai freddi suoi cristalli asconde
588Di tosco estran malvagità secreta;
Chè un picciol sorso di sue lucide onde
Inebria l’alma tosto, e la fa lieta:
Indi a rider uom muove, e tanto il riso
592S’avanza alfin, ch’ei ne rimane ucciso.

LXXV.


     Lunge la bocca disdegnosa e schiva
Torcete voi dall’acque empie omicide
Nè le vivande poste in verde riva
596V’allettin poi, nè le donzelle infide:
Chè voce avran piacevole e lasciva,
E dolce aspetto che lusinga e ride.
Ma voi, gli sguardi e le parole accorte
600Sprezzando, entrate pur nelle alte porte.

LXXVI.


     Dentro è di muri inestricabil cinto,
Che mille torce in se confusi giri:
Ma in breve foglio io ve ’l darò distinto
604Sì che nessun error fia che v’aggiri.
Siede in mezzo un giardin del laberinto,
Che par che da ogni fronde amore spiri.
Quivi in grembo alla verde erba novella
608Giacerà il cavaliero e la donzella.