Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
CANTO DECIMOTERZO. | 87 |
LIX.
E il picciol Siloè, che puro e mondo
Offria cortese ai Franchi il suo tesoro,
Or di tepide linfe appena il fondo
468Arido copre, e dà scarso ristoro.
Nè il Po, qualor di Maggio è più profondo,
Parria soverchio ai desiderj loro:
Nè il Gange, o ’l Nilo allor che non s’appaga
472De’ sette alberghi, e ’l verde Egitto allaga.
LX.
S’alcun giammai tra frondeggianti rive
Puro vide stagnar liquido argento:
O giù precipitose ir acque vive
476Per Alpe, o in piaggia erbosa a passo lento;
Quelle al vago desio forma e descrive,
E ministra materia al suo tormento;
Chè l’immagine lor gelida e molle
480L’asciuga e scalda, e nel pensier ribolle.
LXI.
Vedi le membra de’ guerrier robuste,
Cui nè cammin per aspra terra preso,
Nè ferrea salma, onde gir sempre onuste,
484Nè domò ferro alla lor morte inteso;
Ch’or risolute, e dal calore aduste,
Giacciono a se medesme inutil peso.
E vive nelle vene occulto foco,
488Che pascendo le strugge a poco a poco.