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CANTO DECIMOTERZO. 85

LIII.


     Spenta è del Cielo ogni benigna lampa,
Signoreggiano in lui crudeli stelle:
Onde piove virtù che informa e stampa
420L’aria d’impression maligne e felle.
Cresce l’ardor nocivo, e sempre avvampa
Più mortalmente in queste parti e in quelle:
A giorno reo notte più rea succede,
424E dì peggior di lei dopo lei vede.

LIV.


     Non esce il Sol giammai che, asperso e cinto
Di sanguigni vapori entro e d’intorno,
Non mostri nella fronte assai distinto
428Mesto presagio d’infelice giorno.
Non parte mai che, in rosse macchie tinto,
Non minacci egual noja al suo ritorno:
E non inaspri i già sofferti danni
432Con certa tema di futuri affanni.

LV.


     Mentre egli i raggj poi d’alto diffonde,
Quanto d’intorno occhio mortal si gira,
Seccarsi i fiori, e impallidir le fronde,
436Assetate languir l’erbe rimira,
E fendersi la terra, e scemar l’onde,
Ogni cosa del Ciel soggetta all’ira:
E le sterili nubi in aria sparse
440In sembianza di fiamme altrui mostrarse.