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62 | LA GERUSALEMME |
LXXXVI.
Ma quando di sua aita ella ne privi
Per gli error nostri, o per giudícj occulti;
Chi fia di noi ch’esser sepolto schivi
684Ove i membri di Dio fur già sepulti?
Noi morirem, nè invidia avremo ai vivi:
Noi morirem, ma non morremo inulti;
Nè l’Asia riderà di nostra sorte:
688Nè pianta fia da noi la nostra morte.
LXXXVII.
Non creder già che noi fuggiam la pace,
Come guerra mortal si fugge e pave;
Chè l’amicizia del tuo Re ne piace,
692Nè l’unirci con lui ne sarà grave.
Ma s’al suo impero la Giudea soggiace,
Tu ’l sai, perchè tal cura ei dunque n’ave?
De’ regni altrui l’acquisto ei non ci vieti,
696E regga in pace i suoi tranquilli e lieti.
LXXXVIII.
Così rispose, e di pungente rabbia
La risposta ad Argante il cor trafisse:
Nè ’l celò già, ma con enfiate labbia
700Si trasse avanti al Capitano, e disse:
Chi la pace non vuol, la guerra s’abbia;
Chè penuria giammai non fu di risse:
E ben la pace ricusar tu mostri,
704Se non t’acqueti ai primi detti nostri.