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CANTO SECONDO. 49

XLVII.


     Tacque, e rispose il Re: qual sì disgiunta
Terra è dall’Asia, o dal cammin del Sole,
Vergine gloriosa, ove non giunta
372Sia la tua fama, e l’onor tuo non vole?
Or che s’è la tua spada a me congiunta,
D’ogni timor m’affidi, e mi console.
Non, s’esercito grande unito insieme
376Fosse in mio scampo, avrei più certa speme.

XLVIII.


     Già già mi par ch’a giunger quì Goffredo
Oltra il dover indugi. Or tu dimandi
Ch’impieghi io te: sol di te degne credo
380L’imprese malagevoli, e le grandi.
Sovra i nostri guerrieri a te concedo
Lo scettro, e legge sia quel che comandi.
Così parlava: ella rendea cortese
384Grazie per lodi: indi il parlar riprese.

XLIX.


     Nova cosa parer dovrà per certo
Che preceda ai servigj il guiderdone;
Ma tua bontà m’affida: io vuo’ che’n merto
388Del futuro servir que’ rei mi done.
In don gli chieggio, e pur se ’l fallo è incerto,
Gli danna inclementissima ragione.
Ma taccio questo, e taccio i segni espressi,
392Ond’argomento l’innocenza in essi.