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328 | LA GERUSALEMME |
LXVIII.
Ecco a voi noto è il mio poter, ne dice,
E quanto sopra voi l’impero ho pieno:
Pende dal mio voler ch’altri infelice
540Perda, in prigione eterna, il Ciel sereno:
Altri divenga augello: altri radice
Faccia, e germogli nel terrestre seno:
O che s’induri in selce, o in molle fonte
544Si liquefaccia, o vesta irsuta fronte.
LXIX.
Ben potete schivar l’aspro mio sdegno,
Quando servire al mio piacer v’aggrade:
Farvi Pagani, e per lo nostro regno
548Contra l’empio Buglion mover le spade.
Ricusar tutti, ed abborrir l’indegno
Patto: solo a Rambaldo il persuade.
Noi (chè non val difesa) entro una buca,
552Di laccj avvolse, ove non è che luca.
LXX.
Poi nel castello istesso a sorte venne
Tancredi, ed egli ancor fu prigioniero.
Ma poco tempo in carcere ci tenne
556La falsa Maga: e (s’io n’intesi il vero)
Di seco trarne da quell’empia ottenne
Del Signor di Damasco un messaggiero:
Ch’al Re d’Egitto in don, fra cento armati,
560Ne conduceva inermi e incatenati.