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CANTO DECIMO. 323

LIII.


     Aladin, ch’a lui contra era già sorto,
Risponde: o come lieto or quì ti veggio,
Diletto amico! or del mio stuol ch’è morto
420Non sento il danno; e ben temea di peggio.
Tu lo mio stabilire, e in tempo corto
Puoi ridrizzare il tuo caduto seggio,
Se ’l Ciel nol vieta. Indi le braccia al collo,
424Così detto, gli stese e circondollo.

LIV.


     Finita l’accoglienza, il Re concede
Il suo medesmo soglio al gran Niceno.
Egli poscia a sinistra in nobil sede
428Si pone, ed al suo fianco alluoga Ismeno.
E mentre seco parla ed a lui chiede
Di lor venuta, ed ei risponde appieno,
L’alta Donzella ad onorar in pria
432Vien Solimano: ogni altro indi seguia.

LV.


     Seguì fra gli altri Ormusse, il qual la schiera
Di quegli Arabi suoi a guidar tolse:
E mentre la battaglia ardea più fera,
436Per disusate vie così s’avvolse,
Ch’ajutando il silenzio, e l’aria nera,
Lei salva alfin nella Città raccolse:
E con le biade, e co’ rapiti armenti
440Aita porse alle affamate genti.