Pagina:Gerusalemme liberata I.djvu/354

322 LA GERUSALEMME

L.


     Io, di cui si ragiona, or son presente,
Non fugace e non timido Soldano:
Ed a costui, ch’egli è codardo e mente
396M’offero di provar con questa mano.
Io, che sparsi di sangue ampio torrente,
Che montagne di strage alzai sul piano,
Chiuso nel vallo de’ nemici, e privo
400Alfin d’ogni compagno; io fuggitivo?

LI.


     Ma se più questi, o s’altri a lui simíle,
Alla sua patria, alla sua fede infido,
Motto osa far d’accordo infame e vile,
404Buon Re, sia con tua pace, io quì l’uccido.
Gli agni e i lupi fian giunti in un ovile,
E le colombe e i serpi in un sol nido,
Prima che mai, di non discorde voglia,
408Noi co’ Francesi alcuna terra accoglia.

LII.


     Tien sulla spada, mentre ei sì favella,
La fera destra in minaccevol’atto.
Riman ciascuno, a quel parlare a quella
412Orribil faccia, muto e stupefatto.
Poscia, con vista men turbata e fella,
Cortesemente inverso il Re s’è tratto.
Spera, gli dice, alto Signor; ch’io reco
416Non poco ajuto: or Solimano è teco.