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CANTO DECIMO. | 321 |
XLVII.
O saggio il Re di Tripoli che pace
Seppe impetrar dai Franchi e regno insieme!
Ma il Soldano ostinato, o morto or giace
372O pur servil catena il piè gli preme:
O nell’esiglio, timido e fugace,
Si va serbando alle miserie estreme:
E pur, cedendo parte, avria potuto
376Parte salvar co’ doni e col tributo.
XLVIII.
Così diceva; e s’avvolgea costui
Con giro di parole obliquo e incerto;
Ch’a chieder pace, a farsi uom ligio altrui
380Già non ardia di consigliarlo aperto.
Ma sdegnoso il Soldano i detti sui
Non potea omai più sostener coperto;
Quando il Mago gli disse: or vuoi tu darli
384Agio, Signor, che in tal materia parli?
XLIX.
Io per me, gli risponde, or quì mi celo
Contra mio grado, e d’ira ardo e di scorno.
Ciò disse appena, e immantinente il velo
388Della nube, che stesa è lor d’intorno,
Si fende, e purga nell’aperto Cielo,
Ed ei riman nel luminoso giorno:
E magnanimamente in fiero viso
392Rifulge in mezzo, e lor parla improvviso: