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CANTO NONO. | 299 |
LXXXIII.
Mentre il fanciullo, a cui novel piacere
Di gloria il petto giovenil lusinga,
Di qua turba e di là tutte le schiere,
660E lui non è chi tanto o quanto stringa;
Cauto osserva Argillan tra le leggiere
Sue rote il tempo, in che l’asta sospinga:
E colto il punto, il suo destrier di furto
664Gli uccide, e sovra gli è, ch’appena è surto.
LXXXIV.
Ed al supplice volto, il quale invano
Con l’arme di pietà fea sue difese,
Drizzò, crudel, l’inesorabil mano,
668E di Natura il più bel pregio offese.
Senso aver parve, e fu dell’uom più umano
Il ferro, che si volse e piatto scese:
Ma che pro? se, doppiando il colpo fero,
672Di punta colse ove egli errò primiero.
LXXXV.
Soliman, che di là non molto lunge
Da Goffredo in battaglia è trattenuto,
Lascia la zuffa, e ’l destrier volve e punge,
676Tosto che ’l rischio ha del garzon veduto:
E i chiusi passi apre col ferro, e giunge
Alla vendetta si, non all’ajuto:
Perchè vede, ahi dolor! giacerne ucciso
680Il suo Lesbin, quasi bel fior succiso.