Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
CANTO NONO. | 277 |
XVII.
Vedete là di mille furti pieno
Un campo più famoso assai che forte:
Che quasi un mar nel suo vorace seno
132Tutte dell’Asia ha le ricchezze assorte.
Questo ora a voi (nè già potria con meno
Vostro periglio) espon benigna sorte.
L’arme, e i destrier d’ostro guerniti e d’oro
136Preda fian vostra, e non difesa loro.
XVIII.
Nè questa è già quell’oste, onde la Persa
Gente, e la gente di Nicea fu vinta;
Perchè, in guerra sì lunga e sì diversa,
140Rimasa n’è la maggior parte estinta:
E s’anco integra fosse, or tutta immersa
In profonda quiete, e d’arme è scinta.
Tosto s’opprime chi di sonno è carco:
144Chè dal sonno alla morte è un picciol varco.
XIX.
Su su venite: io primo aprir la strada
Vuò, su i corpi languenti, entro ai ripari:
Ferir, da questa mia, ciascuna spada
148E l’arti usar di crudeltate impari.
Oggi fia che di Cristo il regno cada:
Oggi libera l’Asia: oggi voi chiari.
Così gl’infiamma alle vicine prove:
152Indi tacitamente oltre lor move.