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264 | LA GERUSALEMME |
LXVIII.
Ma chè cerco argomenti? Il Cielo io giuro,
Il Ciel che n’ode, e ch’ingannar non lice;
Ch’allor che si rischiara il mondo oscuro,
540Spirito errante il vidi ed infelice.
Che spettacolo, oimè, crudele e duro!
Quai frode di Goffredo a noi predice!
Io ’l vidi, e non fu sogno: e ovunque or miri,
544Par che dinanzi agli occhj miei s’aggiri.
LXIX.
Or che faremo noi? dee quella mano,
Che di morte sì ingiusta è ancora immonda,
Reggerci sempre? o pur vorrem lontano
548Girne da lei dove l’Eufrate inonda?
Dove a popolo imbelle in fertil piano
Tante ville e città nutre, e feconda:
Anzi a noi pur; nostre saranno, io spero,
552Nè co’ Franchi comune avrem l’impero.
LXX.
Andianne, e resti invendicato il sangue
(Se così parvi) illustre ed innocente.
Benchè se la virtù, che fredda langue,
556Fosse ora in voi, quanto dovrebbe, ardente;
Questo, che divorò pestifero angue
Il pregio e ’l fior della Latina gente,
Daria con la sua morte, e con lo scempio
560Agli altri mostri memorando esempio.