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256 LA GERUSALEMME

XLIV.


     Ma che? felice è cotal morte e scempio,
Via più ch’acquisto di provincie e d’oro:
Nè dar l’antico Campidoglio esempio
348D’alcun può mai sì glorioso alloro.
Essi del Ciel nel luminoso tempio
Han corona immortal del vincer loro.
Ivi, cred’io, che le sue belle piaghe
352Ciascun lieto dimostri, e se n’appaghe.

XLV.


     Ma tu ch’alle fatiche, ed al periglio
Nella milizia ancor resti del mondo;
Devi gioir de’ lor trionfi, e ’l ciglio
356Render, quanto conviene, omai giocondo.
E perchè chiedi di Bertoldo il figlio,
Sappi, ch’ei fuor dell’oste è vagabondo;
Nè lodo io già che dubbia via tu prenda,
360Pria che di lui certa novella intenda.

XLVI.


     Questo lor ragionar nell’altrui mente
Di Rinaldo l’amor desta, e rinnova:
E v’è chi dice: ahi fra Pagana gente
364Il giovinetto errante or si ritrova:
E non v’è quasi alcun che non rammente,
Narrando al Dano, i suoi gran fatti a prova;
E dell’opere sue la lunga tela
368Con istupor gli si dispiega, e svela.