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246 | LA GERUSALEMME |
XIV.
Quivi, da’ precursori, a noi vien detto
Ch’alto strepito d’arme avean sentito:
E viste insegne e indizj, onde han sospetto
108Che sia vicino esercito infinito.
Non pensier, non color, non cangia aspetto,
Non muta voce il Signor nostro ardito;
Benchè molti vi sian ch’al fero avviso
112Tingan di bianca pallidezza il viso.
XV.
Ma dice: oh quale omai vicina abbiamo
Corona o di martirio, o di vittoria:
L’una spero io ben più; ma non men bramo
116L’altra, ove è maggior merto, e pari gloria.
Questo campo, o fratelli, ove or noi siamo,
Fia tempio sacro ad immortal memoria:
In cui l’età futura addíti e mostri
120Le nostre sepolture, o i trofei nostri.
XVI.
Così parla; e le guardie indi dispone,
E gli ufficj comparte, e la fatica.
Vuol ch’armato ognun giaccia, e non depone
124Ei medesmo gli arnesi, o la lorica.
Era la notte ancor nella stagione
Ch’è più del sonno e del silenzio amica;
Allor che d’urli barbareschi udissi
128Romor che giunse al cielo ed agli abissi.