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224 LA GERUSALEMME

LXXIV.


     Venga altri, s’egli teme: a stuolo a stuolo
Venite insieme, o cavalieri, o fanti;
Poichè di pugnar meco a solo a solo
588Non v’è fra mille schiere uom che si vanti.
Vedete là il sepolcro, ove il figliuolo
Di Maria giacque; or chè non gite avanti?
Chè non sciogliete i voti? ecco la strada.
592A qual serbate uopo maggior la spada?

LXXV.


     Con tali scherni il Saracino atroce,
Quasi con dura sferza, altrui percuote;
Ma più ch’altri Raimondo a quella voce
596S’accende, e l’onte sofferir non puote.
La virtù stimolata è più feroce,
E s’aguzza dell’ira all’aspra cote:
Sicchè tronca gl’indugj, e preme il dorso
600Del suo Aquilino, a cui diè ’l nome il corso.

LXXVI.


     Sul Tago il destrier nacque, ove talora
L’avida madre del guerriero armento,
Quando l’alma stagion che n’innamora,
604Nel cor le instiga il natural talento,
Volta l’aperta bocca incontra l’ora,
Raccoglie i semi del fecondo vento:
E de’ tepidi fiati (o maraviglia!)
608Cupidamente ella concépe, e figlia.