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222 LA GERUSALEMME

LXVIII.


     Ma sovra tutti gli altri il fiero vecchio
Se ne dimostra cupido ed ardente.
Armato è già; sol manca all’apparecchio
540Degli altri arnesi il fino elmo lucente.
A cui dice Goffredo: o vivo specchio
Del valor prisco, in te la nostra gente
Miri, e virtù n’apprenda: in te di Marte
544Splende l’onor, la disciplina, e l’arte.

LXIX.


     Oh pur avessi fra l’etade acerba
Dieci altri di valor al tuo simíle,
Come ardirei vincer Babel superba,
548E la Croce spiegar da Battro a Tile.
Ma cedi or, prego, e te medesmo serba
A maggior opre, e di virtù seníle:
E lascia che degli altri in picciol vaso
552Pongansi i nomi, e sia giudice il caso.

LXX.


     Anzi giudice Dio, delle cui voglie
Ministra e serva è la Fortuna, e ’l Fato.
Ma non però dal suo pensier si toglie
556Raimondo, e vuol’anch’egli esser notato.
Nell’elmo suo Goffredo i brevi accoglie:
E poi che l’ebbe scosso ed agitato,
Nel primo breve che di là traesse,
560Del Conte di tolosa il nome lesse.