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220 LA GERUSALEMME

LXII.


     E disse a lui rivolto: ah non sia vero
Che in un capo s’arrischi il campo tutto.
Duce sei tu, non semplice guerriero:
492Pubblico fora, e non privato il lutto.
In te la fe s’appoggia, e ’l santo impero.
Per te fia il regno di Babel distrutto:
Tu il senno sol, lo scettro solo adopra;
496Altri ponga l’ardire, e ’l ferro in opra.

LXIII.


     Ed io, bench’a gir curvo mi condanni
La grave età, non fia che ciò ricusi.
Schivino gli altri i marziali affanni;
500Me non vuò già che la vecchiezza scusi.
Oh foss’io pur sul mio vigor degli anni
Qual sete or voi, che quì temendo chiusi
Vi state, e non vi move ira o vergogna
504Contra lui che vi sgrida, e vi rampogna:

LXIV.


     E quale allora fui, quando al cospetto
Di tutta la Germania, alla gran corte
Del secondo Corrado, apersi il petto
508Al feroce Leopoldo, e ’l posi a morte.
E fu d’alto valor più chiaro effetto
Le spoglie riportar d’uom così forte,
Che s’alcuno or fugasse, inerme e solo,
512Di questa ignobil turba un grande stuolo.