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214 | LA GERUSALEMME |
XLIV.
Onde al ponte rifugge, e sol nel corso
Della salute sua pone ogni speme.
Ma il seguita Tancredi, e già sul dorso
348La man gli stende, e ’l piè col piè gli preme;
Quando ecco (al fuggitivo alto soccorso)
Sparir le faci, ed ogni stella insieme:
Nè rimaner all’orba notte alcuna,
352Sotto povero ciel, luce di Luna.
XLV.
Fra l’ombre della notte e degl’incanti
Il vincitor nol segue più, nel vede:
Nè può cosa vedersi a lato, o innanti,
356E muove dubbio e mal sicuro il piede.
Sul limitar d’un uscio i passi erranti
A caso mette, nè d’entrar s’avvede;
Ma sente poi che suona a lui diretro
360La porta, e ’n loco il serra oscuro e tetro.
XLVI.
Come il pesce colà dove impaluda
Ne’ seni di Comacchio il nostro mare,
Fugge dall’onda impetuosa e cruda,
364Cercando in placide acque ove ripare:
E vien che da se stesso ei si rinchiuda
In palustre prigion, nè può tornare;
Chè quel serraglio è con mirabil uso
368Sempre all’entrar aperto, all’uscir chiuso.