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CANTO SETTIMO. 205

XVII.


     Poi dolce la consola, e sì l’accoglie,
Come tutt’arda di paterno zelo;
E la conduce ov’è l’antica moglie
132Che di conforme cor gli ha data il Cielo.
La fanciulla regal di rozze spoglie
S’ammanta, e cinge al crin ruvido velo;
Ma nel moto degli occhj e delle membra
136Non già di boschi abitatrice sembra.

XVIII.


     Non copre abito vil la nobil luce
E quanto è in lei d’altero e di gentile:
E fuor la regia maestà traluce
140Per gli atti ancor dell’esercizio umíle.
Guida la greggia ai paschi, e la riduce
Con la povera verga al chiuso ovile;
E dall’irsute mamme il latte preme,
144E in giro accolto poi lo stringe insieme.

XIX.


     Sovente, allor che su gli estivi ardori
Giacean le pecorelle all’ombra assise,
Nella scorza de’ faggj e degli allori
148Segnò l’amato nome in mille guise:
E de’ suoi strani ed infelici amori
Gli aspri successi in mille piante incise:
E in rileggendo poi le proprie note
152Rigò di belle lagrime le gote.