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CANTO SESTO. 191

XCV.


     Erminia benchè quivi alquanto sceme
Del dubbio suo, non va però sicura;
Chè d’essere scoperta alla fin teme,
756E del suo troppo ardir sente or paura.
Ma pur giunta alla porta il timor preme,
Ed inganna colui che n’ha la cura.
Io son Clorinda, disse, apri la porta;
760Chè ’l Re m’invia dove l’andare importa.

XCVI.


     La voce femminil, sembiante a quella
Della Guerriera, agevola l’inganno.
(Chi crederia veder armata in sella
764Una dell’altre ch’arme oprar non sanno?)
Sicchè ’l portier tosto ubbidisce, ed ella
N’esce veloce, e i due che seco vanno.
E per lor sicurezza entro le valli
768Calando, prendon lunghi obliqui calli.

XCVII.


     Ma poi ch’Erminia in solitaria ed ima
Parte si vede, alquanto il corso allenta;
Chè i primi rischj aver passati estima,
772Nè d’esser ritenuta omai paventa.
Or pensa a quello a chè pensato in prima
Non bene aveva, ed or le s’appresenta
Difficil più, ch’a lei non fu mostrata
776Dal frettoloso suo desir, l’entrata.