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180 LA GERUSALEMME

LXII.


     Nel palagio regal sublime sorge
Antica torre assai presso alle mura:
Dalla cui sommità tutta si scorge
492L’oste Cristiana, e ’l monte, e la pianura.
Quivi, da che il suo lume il Sol ne porge,
Infin che poi la notte il mondo oscura,
S’asside, e gli occhj verso il campo gira,
496E co’ pensieri suoi parla, e sospira.

LXIII.


     Quinci vide la pugna, e ’l cor nel petto
Sentì tremarsi in quel punto sì forte,
Che parea che dicesse: il tuo diletto
500È quegli là, che in rischio è della morte.
Così, d’angoscia piena e di sospetto,
Mirò i successi della dubbia sorte:
E sempre che la spada il Pagan mosse,
504Sentì nell’alma il ferro e le percosse.

LXIV.


     Ma poichè ’l vero intese, e intese ancora
Che dee l’aspra tenzon rinovellarsi;
Insolito timor così l’accora,
508Che sente il sangue suo di ghiaccio farsi.
Talor secrete lagrime, e talora
Sono occulti da lei gemiti sparsi:
Pallida, esangue, e sbigottita in atto,
512Lo spavento e ’l dolor v’avea ritratto.