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CANTO SESTO. 179

LIX.


     Venne a Gerusalemme, e quivi accolta
Fu dal Tiranno del paese Ebreo;
Ma tosto pianse, in nere spoglie avvolta,
468Della sua genitrice il fato reo.
Pur, nè ’l duol che le sia per morte tolta,
Nè l’esilio infelice unqua poteo
L’amoroso desio sveller dal core,
472Nè favilla ammorzar di tanto ardore.

LX.


     Ama, ed arde la misera, e sì poco
In tale stato chè sperar le avanza,
Che nudrisce nel sen l’occulto foco,
476Di memoria via più, che di speranza:
E quanto è chiuso in più secreto loco,
Tanto ha l’incendio suo maggior possanza.
Tancredi alfine, a risvegliar sua spene,
480Sovra Gerusalemme ad oste viene.

LXI.


     Sbigottir gli altri all’apparir di tante
Nazioni, e sì indomite, e sì fere;
Fè sereno ella il torbido sembiante,
484E lieta vagheggiò le squadre altere:
E con avidi sguardi il caro amante
Cercando gía fra quelle armate schiere.
Cercollo invan sovente, ed anco spesso
488Raffigurollo; e disse: egli è pur desso.