Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
166 | LA GERUSALEMME |
XX.
Armati, dice, alto Signor, chè tardi?
La disfida accettata hanno i Cristiani:
E d’affrontarsi teco i men gagliardi
156Mostran desio, non che i guerrier soprani.
E mille i’ vidi minacciosi sguardi,
E mille al ferro apparecchiate mani:
Loco sicuro il Duce a te concede.
160Così gli dice; e l’arme esso richiede.
XXI.
E se ne cinge intorno, e impaziente
Di scenderne s’affretta alla campagna.
Disse a Clorinda il Re, ch’era presente:
164Giusto non è ch’ei vada, e tu rimagna.
Mille dunque con te di nostra gente
Prendi in sua sicurezza, e l’accompagna;
Ma vada innanzi a giusta pugna ei solo:
168Tu lunge alquanto a lui ritien lo stuolo.
XXII.
Tacque ciò detto: e poi che furo armati,
Quei del chiuso n’uscivano all’aperto:
E giva innanzi Argante, e dagli usati
172Arnesi in sul cavallo era coperto.
Loco fu tra le mura e gli steccati
Che nulla avea di diseguale, o d’erto,
Ampio e capace: e parea fatto ad arte,
176Perch’egli fosse altrui campo di Marte.