Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
162 | LA GERUSALEMME |
VIII.
Chè se ’l nemico avrà due mani, ed una
Anima sola, ancor ch’audace e fera;
Temer non dei per isciagura alcuna,
60Che la ragion, da me difesa, pera.
Puote, in vece di Fato e di Fortuna,
Darti la destra mia vittoria intera:
Ed a te se medesma or porge in pegno;
64Chè, se ’l confidi in lei, salvo è il tuo regno.
IX.
Tacque; e rispose il Re: giovane ardente,
Sebben me vedi in grave età seníle,
Non sono al ferro queste man sì lente,
68Nè sì quest’alma è neghittosa e vile;
Ch’anzi morir volesse ignobilmente,
Che di morte magnanima e gentile;
Quand’io temenza avessi, o dubbio alcuno
72De’ disagj ch’annunzi, e del digiuno.
X.
Cessi Dio tanta infamia. Or quel ch’ad arte
Nascondo altrui, vuò ch’a te sia palese.
Soliman di Nicea, che brama in parte
76Di vendicar le ricevute offese,
Degli Arabi le schiere erranti e sparte
Raccolte ha fin dal Libico paese:
E i nemici assalendo all’aria nera,
80Darne soccorso, e vettovaglia spera.